
Il Museo del Malcantone è un riferimento importante e fondamentale per contribuire alla diffusione e alla conoscenza del passato e del presente della nostra regione. Incontriamo Damiano Robbiani, conservatore del museo dal 2021.
Signor Robbiani, come e quando nasce il Museo del Malcantone ?
Il Museo del Malcantone è stato fondato nel 1985 con lo scopo di raccogliere e divulgare le testimonianze della storia regionale. Ha sede nell’edificio della vecchia Scuola maggiore e di disegno di Curio, progettato nel 1854 dall’architetto Luigi Fontana, che nel 1970 venne acquistato e restaurato dall’Ente turistico del Malcantone per farne una sede museale regionale, aperta nel 1987. Dopo un trentennio di intensa attività, nel 2018 l’edificio è stato rinnovato e l’allestimento permanente è stato interamente ripensato.
Il Museo è parte della rete dei Musei etnografici regionali ticinesi, coordinati e finanziati dallo Stato tramite il Centro di dialettologia e di etnografia di Bellinzona.
Ci parli dell’Associazione del Museo del Malcantone, quali sono i principali scopi e obiettivi che persegue ?
L’Associazione Museo del Malcantone si propone essenzialmente di contribuire alla diffusione di una più approfondita conoscenza del passato e del presente di questa regione.
Gestisce due musei, quello etnografico di Curio e quello dedicato alla pesca a Caslano, che agiscono su tre principali linee di sviluppo: la promozione dell’attività di ricerca e la divulgazione attraverso pubblicazioni, mostre e conferenze, l’educazione con la proposta di attività didattiche e di formazione per le scuole, e la tutela e la cura del patrimonio culturale diffuso.
Quali sono e come sono suddivise le aree espositive?
All’interno della sede di Curio una mostra permanente illustra la storia regionale e la vita quotidiana di un tempo. Inoltre, il percorso espositivo accompagna il visitatore alla scoperta dei fenomeni migratori – tradizionalmente legati a tutti gli ambiti dell’arte della costruzione – che per secoli hanno caratterizzato la vita dei malcantonesi. Lo scopo è quello di illustrare il nostro piccolo territorio come come una molecola del grande Mondo, con le sue specificità ma soprattutto con una serie di legami, spesso sorprendentemente lontani e profondi, con altri territori e altre culture: il Mondo nel Malcantone, il Malcantone nel Mondo. Questi sono temi che non concernono solo il passato, ma che riguardano anche il presente e il futuro della società.
A livello di iniziative e progetti avete qualcosa di interessante in programma ?
I progetti sono molti. Innanzitutto stiamo costruendo accanto alla sede di Curio un nuovo deposito, e i lavori si concluderanno alla fine dell’anno. Sarà uno spazio in parte visitabile, nel quale è pure previsto un atelier per le attività didattiche con le scuole. Anche nell’ambito della ricerca abbiamo diversi cantieri aperti. Segnalo in particolare un progetto che ha preso avvio con il fortuito ritrovamento a Cordóba (Argentina) di oltre 500 lastre fotografiche su vetro del primo Novecento scattate in Argentina e nel Malcantone da Pietro Righetti di Aranno. Queste immagini hanno permesso di riesumare le storie di emigrazione della famiglia Righetti e hanno portato alla pubblicazione in Argentina del libro La intimidad del desarraigo e all’allestimento di una mostra fotografica all’esterno del Maglio del Malcantone, tuttora visitabile. Il progetto non è concluso e vedrà ancora la pubblicazione di un libro con lettere e fotografie della famiglia Righetti, la realizzazione di una performance teatrale e la collaborazione alla produzione di un documentario. Infine, un’altra importante ricerca che terrà impegnati i collaboratori del Museo ancora per i prossimi anni riguarda l’emigrazione ticinese verso l’Algeria, una meta finora mai particolarmente studiata. L’intenzione è di pubblicare i risultati della ricerca e di proporre una mostra sul tema nel 2026.
A livello personale, che emozioni e sensazioni le da essere al timone di un luogo così importante per il Malcantone ?
Lavorare allo studio e alla valorizzazione della storia del territorio è l’occasione per conoscere il nostro patrimonio culturale, per scoprire le storie di chi l’ha attraversato nel corso dei secoli e di chi l’ha costruito. Mentre la sua trasmissione ci permette di riavvicinare la comunità a ciò che le è proprio, affinché anche le future generazioni lo custodiscano in modo consapevole e appassionato. Questi sono aspetti fondamentali del mio lavoro, che mi motivano a portarlo avanti con passione e dedizione.